pescatore di storie

Viaggio tra gli ex pandilleros di El Agustino

Viaggio tra gli ex pandilleros di El Agustino

 

Luis, presidente della Martin Luther King

Quando le porte del carcere del Lurigancho si chiusero alle loro spalle, delle bancarelle di frutta e verdura disposte nel piazzale antistante non era rimasta più alcuna traccia.

Ogni due settimane Omar e Luis si fermano a cambiare un po’ di contanti tra quei banchetti. In genere venti soles, poco meno di cinque euro. È così una volta ogni 15 giorni da qualche mese a questa parte. Ogni qual volta, cioè, si recano a trovare Sully.

Nel 1996 a El Agustino vi erano oltre trenta pandillas – gang giovanili – e nel distretto si registrava uno dei tassi di criminalità più alti della capitale peruviana.  Sully aveva appena vent’anni. Era il leader dei Los Picheiros, la pandilla più numerosa e rispettata del distretto. Le giornate trascorrevano tra bevute al bar, assalti ai passanti e giochi violenti. Si incontravano ogni giorno al solito incrocio, si drogavano e fronteggiavano le bande rivali con coltelli, pietre e pistole. Di tanto in tanto qualcuno finiva dentro. Di tanto in tanto qualcun altro, moriva.
Oggi, Sully ha più di trent’anni ed è in carcere da oltre sei mesi.

Con le tasche piene di monete, Omar e Luis si sottopongono ai controlli di routine per i visitatori del carcere. Circa un’ora e mezzo di controlli, timbri, perquisizioni. Ogni cinque metri, dislocate sul percorso, stazionano le guardie carcerarie. Ogni cinque metri è un alt: un poliziotto indica loro le scarpe ricordando che il regolamento penitenziario vieta, per motivi di sicurezza, di entrare in carcere con i lacci. Omar e Luis sorridono. Tirano fuori dalle tasche un paio di monete e, dopo averle porte al poliziotto di turno, procedono a passo svelto fino al prossimo posto di blocco. Ora le scarpe, ora i vestiti scuri, ora una qualsiasi altra cosa. I venti soles finiscono in fretta.

A casa stavo male – racconta Josef, ex pandillero, i segni di un assalto armato sul volto -: mia madre era in Cile a lavorare e con mio padre avevo un pessimo rapporto. Così preferivo stare per strada e nella pandilla ho trovato una famiglia.
La storia di Josef è molto simile a quella di tanti ragazzi del suo quartiere. Ex pandilleros come Omar e Sully, oramai grandi.

Si trova nel padiglione più duro, Sully, quello degli assassini. Con lui dividono la cella i terroristi di Sendero Luminoso e un paio di serial killer passati alla cronaca in tutti i quotidiani peruviani e presto dimenticati tra quelle mura. Tra di essi c’è Chichi, un tipetto simpatico che dorme su un materasso ai margini della scala dell’edificio. Indossa una tuta celeste e dietro la schiena nasconde un paio di cesoie da giardino da cui non si separa mai. Ha pochi denti e tiene sempre serrata la mano sinistra, tenendo stretto nel pugno una manciata di crack. Chichi è chiamatoil curtador: un giorno uccise quattro persone facendole a pezzi.
Sully scherza con Chicui, e racconta a Luis e Omar di quella volta che il curtador si è cucito la bocca per non rispondere a un altro detenuto, per evitare così di mancargli di rispetto e cacciarsi un’altra volta nei guai. Tutto questo, avendo però la premura di lasciare aperto uno spiraglio sulla bocca per poter continuare a fumare crack. Dice Sully “E’ perennemente fatto. Ma come dargli torto? Se gli levi pure quello, non gli rimane più nulla.
Sully, siede su un panchetto. Sullo sfondo, un vecchio tubo catodico manda in onda un porno senza audio.

Facevamo di tutto e di questo non mi sento orgoglioso,” Ammette Sully. “A un certo punto ho capito che non era questo che volevo per i miei figli. Così, a poco a poco, con altre persone abbiamo iniziato a sognare un cambiamento.”

 

Immagine di repertorio - archivio storico della Martin Luther King

Al centro dell’immagine, Sully – archivio storico della Martin Luther King

Nasceva così la Martin Luther King, la prima banda giovanile di El Agustino a convertirsi in associazione e trasformare tutta quell’energia che avevano in positività, mettendosi al servizio degli altri. Opere per la collettività, organizzazione di concerti, tornei di calcio, corsi di formazione e così via.
La scelta del nome simboleggiava la rottura con il passato e il tentativo di realizzazione non violenta di un sogno. Presto altre bande decisero di seguire la loro strada: nascevano così la Ghandi, la Che Guevara, la Tupac Amaru e altre associazioni giovanili di ex pandilleros.
Quello che mi gratifica è che ci sono molte persone, in particolare bambini, che mi chiedono del mio passato. Io lo racconto volentieri, è bene che sappiano che cos’è il male, per non ripeterlo. Tutto quello che ho fatto e che faccio con la Martin Luther King ha un solo scopo: che i bambini del quartiere non finiscano dove sono finito io.
Omar e Luis annuiscono e si passano una bottiglia di liquore locale. Sully si volta verso le schermo e sorride. Sul braccio destro un tatuaggio del Che, sul petto il simbolo della Martin Luther King. “Il mercoledì e il venerdì vengono a trovarci le prostitute. Prendono dieci soles, il doppio di quanto costa qua dentro far accoltellare una persona. Bisogna stare sempre attenti qui. Ma io sono tranquillo, tutti mi vogliono bene.

Luis, presidente della Martin Luther King

Oggi, il quartiere non porta più memoria di quegli anni andati. Camminando per le strade da poco asfaltate di El Agustino, la vita sembra procedere normalmente. Si scorge una processione religiosa tra le vie del mercato, una festa nel cortile dell’oratorio che richiama decine di curiosi e una partita di pallavolo improvvisata per strada, con la rete fissata alla buona tra due portoni.

Omar e Luis ridono e scherzano nel piazzale. Saltellano e si lasciano ritrarre mimando posizioni da gangster. Si allontanano a bordo di un taxi e tornano tra le vie del proprio quartiere. Quel quartiere che di tutto il rumore fatto anni addietro, sembra non portare più alcuna traccia.

 

Luis, presidente della Martin Luther King

Lima, agosto 2009