Imparare dagli alberi
Non mi ero mai reso conto di quanto fossero grandi gli alberi. Almeno fino alla settimana
scorsa, quando tornando in aereo verso casa ho lanciato uno sguardo dal finestrino.
Vivo a Roma, una città dove mediamente i palazzi non superano l’ottavo piano e dove
fortunatamente il verde non manca. Per la prima volta in vita mia però, planando sulla Città
Eterna, non mi sono messo alla ricerca del Colosseo, del mio quartiere o dello Stadio Olimpico.
Osservavo solo case e alberi, riflettendo su quanto questi ultimi siano davvero grandi, spesso
più degli edifici. In genere siamo soliti guardarli dal basso, concentrandoci sull’inizio del
tronco, senza filarceli più di tanto. Eppure sono loro i padroni della biosfera, ricoprendo
persino la superficie delle nostre città.
Non è stata una coincidenza che durante il volo leggessi il libro Verde Brillante, di Stefano
Mancuso e Alessandra Viola. Si tratta di un piccolo capolavoro, uno sforzo per illustrare e
restituire dignità all’intelligenza vegetale e al ruolo d’onore che ricoprono sulla Terra. Gli
autori mostrano come da sempre le piante siano state considerate vita di secondo ordine,
sebbene dotate d’intelligenza: infatti esse vedono, sentono, riposano, comunicano e molto
altro ancora. Certo lo fanno in maniera diversa dalla nostra. Eppure, nonostante la vita senza il
regno vegetale non sarebbe possibile, non siamo soliti attribuirgli il ruolo che meritano.
Così tra una pagina del libro e uno sguardo su Roma vista dall’alto, ho compreso che gli alberi
seguitano nell’essere nostri grandi maestri. Grandi perché, per dimensioni ed età, possono
raggiungere numeri ragguardevoli; maestri perché hanno ancora tanto da insegnarci.
Tre lezioni importanti
A differenza degli animali, ad esempio, nel mondo vegetale gli organi vitali e i ricettori
sensoriali non sono concentrati in un’unica zona. Ciò permette alle piante di sopravvivere a
forti traumi e insegna una lezione fondamentale: la diversificazione. Non concentriamo i sensi
su un solo soggetto. Allo stesso tempo è importante essere ricettivi e non guardare il mondo
sempre con gli stessi occhi. La cultura e le esperienze maturate possono compromettere il
nostro modo di osservare le cose. Usiamo invece prospettive diverse, cambiando anche muta
se necessario, perché questo permetterà di resistere alle perturbazioni della vita e agli
attacchi esterni.
Il mondo vegetale segue la luminosità. Una pianta spende molta energia per cercare la luce,
cresce in funzione di essa, cambiando persino forma se necessario. Cerchiamo la luce, sempre,
senza sprecare risorse appresso a cose inutili e dispendiose. Circondiamoci di persone che ci
rendono felici e che fanno del bene alla nostra vita. Un ramo secco è destinato a cadere, presto
o tardi, non incaponiamoci a tenerlo attaccato. Impariamo a riconoscere le fonti di vita e a
dargli il ruolo che meritano.
La vita di un albero può durare anche diversi secoli. Ciò insegna la più grande lazione, ma
anche quella più difficile da apprendere: la pazienza. Il mondo vegetale ha i suoi tempi e segue
le stagioni. Anche noi dovremmo imparare a fiorire in primavera ed entrare in letargo durante
l’inverno. Rispettiamo i tempi naturali. Riposare quando c’è da riposare, arrabbiarsi quando
c’è da farlo, e via dicendo. Seguiamo i ritmi naturali perché, per quanto la vita possa risultare
frenetica, non siamo biologicamente fatti per bruciare le tappe. Non nasciamo né invecchiamo
in un giorno. Occorre pazienza, resilienza, e tanta voglia di fiorire quando sarà il momento più
maturo per farlo.
Venticinque anni fa usciva in Italia la prima edizione di Mitologia degli Alberi di Jacques
Brosse, edito da Rizzoli. Qualche mese addietro mi è capitato tra le mani mentre rovistavo tra
gli scaffali impolverati di una biblioteca comunicale. Il saggio racconta come dagli albori
dell’umanità, e per molti millenni, gli alberi siano stati considerati un’emanazione divina cui
chiedere protezione e buona sorte. Di più, per incalcolabili generazioni hanno rappresentato il
simbolo stesso dell’origine della vita e fonte preziosa per carpirne i misteri.
Ecco, credo che ancora oggi avremmo parecchio da imparare da loro. Con pazienza però, a
dimostrazione che stiamo già sulla corretta via.