pescatore di storie

Quel treno da Torino a Roma

Quel treno da Torino a Roma

La vita sceglie sempre parole diverse per raccontare la meraviglia. Ogni tanto le ascolto e imparo qualcosa di nuovo.

 

 

Sei in treno al ritorno da una trasferta lavorativa, hai accumulato giornate difficili alle spalle, giorni in cui ti sei sentito smarrito, versato lacrime e quant’altro. Ma sono anche giorni in cui cerchi con umiltà di riprenderti: e così ne approfitti per recuperare fiato e centrarti nuovamente. C’è poco da fare, a volte abbiamo bisogno di qualche schiaffo per riscoprire un po’ di senso di umiltà. E l’umiltà ti rende gentile, ti rende autentico, ti rende umano. Non penso sia una coincidenza che umano e umile condividano la medesima radice etimologica.

 

Ad ogni modo non vorrei parlarvi di questo ma di come, ripartendo con umiltà, tenti e ritenti di metterti in discussione. Stai attento alle persone che hai attorno, alle loro esigenze, quelle più pure ma anche quelle meno nobili. Cerchi di averla quella parola in più, di darlo quell’abbraccio in più, di tacere e ascoltare quel minuto in più ciò che qualcuno ha da dire. E poi cerchi quel contatto autentico con l’Assoluto – chiamatelo Dio o come vi pare – che ti manca da tempo.

E, nel frattempo, provi a godere delle piccole soddisfazioni quotidiane, quelle che danno un sapore diverso alla vita. Un gelato offerto da una persona cara, un sogno nuovo, una collega che per la prima volta ti definisce amico, un risotto allo zafferano.

E così sali in treno, e quando pensi che la giornata ti abbia già detto tutto quanto aveva da dire, scopri che non hai capito nulla. E che questo era solo l’inizio di una nuova storia.

 

 

Treno Torino-Roma, ore 20 circa, alla stazione di Milano salgono quattro raggazzi che si siedono a fianco a te. A dire il vero tre si siedono proprio a fianco mentre un quarto subito dietro. Si chiamano Roberto, Federico, Nicholas e Mattia.

Sono allegri, chiacchierano e hanno tutti il fiatone. Hanno preso il treno quasi per miracolo. Tu invece volevi tornare prima a casa e hai provato a perderlo questo treno per prenderne un altro prima. Ma non è andata, il caso vi ha posti tutti e cinque vicini.

Li ascolti mentre sei alle prese con i fatti tuoi sul computer. Prendono in giro uno di loro che sta mangiando delle patatine dall’odore nauseabondo. E lì accade l’imprevedibile. Scegli di fare una battuta sulla puzza, dicendo che almeno così si è liberi di scoreggiare liberamente. Fai il cretino, in poche parole. Potevi scegliere di stare zitto, eri indeciso se farla questa battuta; insomma, eri anche maledettamente stanco, ci stava. E invece decidi di aprirti al mondo.

C’è poco da fare, quando ti apri alla vita e le chiedi qualcosa, lei risponde.

 

Vincitori MaketoCare Fonte: Vita.it

Vincitori MaketoCare
Fonte: Vita.it

 

Iniziamo a chiacchierare. Stanno rientrando da una premiazione presso la Triennale di Milano, hanno tutti tra i diciotto e i diciannove anni. L’età che avevi tu il giorno in cui hai perso tuo fratello e ti sei messo in cammino per dare un senso a questa esistenza.

Raccontano che stanno progettando una sedia a rotelle per paraplegici immobili dal collo in giù. Malati di SLA, ad esempio, o persone che hanno perso l’uso della colonna vertebrale. Hanno inventato un piccolo prototipo perfettamente funzionante, si chiama Optical Wheelchair e funziona con gli occhi o i movimenti del collo. Attualmente si stanno muovendo per trovare i finanziamenti, hanno vinto il premio MaketoCare e a breve andranno pure in visita nella Silicon Valley.

Pensate che durante l’ultimo anno del liceo hanno trascorso i pomeriggi per lavorare volontariamente a questo progetto. Gli chiedi allora come sia nata questa cosa, come sia possibile che dei ragazzi così giovani si siano imbattuti in un’idea talmente grandiosa. In realtà già lo immagini, ma ne vuoi conferma.

Tutto è nato da un brutto incidente che ha subito un loro amico perdendo l’uso degli arti inferiori. E allora si sono chiesti se e come fosse possibile fare qualcosa. Non esisteva una sedia a rotelle per chi soffre di questo problema e volevano aiutare il loro amico. Roberto ricorda che le scoperte e tutti i progetti nascono laddove c’è una necessità. Sorridi, e dici loro che citerai questo incontro e questa frase nel tuo libro: è il progetto a cui stai lavorando da tre anni e mezzo, che ti ha tenuto sveglio e innamorato giorno e notte. Gli racconti a grandi linee il contenuto del libro, della tua ricerca sul senso della vita e di come ogni azione umana sia finalizzata alla conservazione della vita. Ci si ascolta a vicenda.

 

Poi si fermano e si voltano verso Mattia.
Lui no, invece – indicano ridendo, – lui è l’italiano dell’anno.

Era talmente assurda e onesta la risata, da risultare decisamente una roba verosimile. Fino a quel momento leggeva o faceva altro, ma in procinto di arrivare alla stazione di Bologna entra  nella conversazione. Ti chiede informazioni sul tuo progetto del libro.

 

Mattia Strocchi, Premio Italiano dell'Anno 2017 Fonte: ravennawebtv.it

Mattia Strocchi, Premio Italiano dell’Anno 2017
Fonte: ravennawebtv.it

Quando troverai le foto sui giornali, rovistando qua e là su internet, scoprirai che davvero quel ragazzo diciannovenne è l’italiano dell’anno. Ha infatti vinto il Premio Italiano dell’Anno 2017 per aver inventato Orion, un esoscheletro riabilitativo per persone con disabilità. Dietro a lui persone del calibro di Giulio Regeni e Federica Bertocchini, inventrice del bruco che mangia la plastica, oltre a calciatori come Totti e Buffon. E pensare che mesi fa l’avevi anche letta la notizia.
Si dice dispiaciuto solo di essere arrivato prima di Giulio Regeni. Diciannove anni, ragazzi, diciannove.

Ad ogni modo racconti loro del libro. Parli di come tutto sia nato da un’esperienza difficile vissuta anni fa che ti ha donato la forza di metterti alla ricerca.
Mattia prende un libro in mano. Vuole leggerti alcune parole collegate a quanto stavi dicendo, ma non le trova e il tempo stringe. E così l’italiano dell’anno scrive una dedica e te lo regala. Dice di prenderlo, che ha appena finito di leggerlo. Lo ringrazi. Ringrazi tutti e quattro a dire il vero, sono stati un incontro incredibilmente prezioso.
Scambio di saluti e di auguri, i quattro scendono dal treno e ognuno riprende la propria via.

Ti senti felice e respiri quella sensazione di pace con la tua vita, con Dio e l’universo intero.

E ti metti a scrivere queste righe, decidendo di riprendere in mano questo blog che avevi abbandonato da tempo. Perché forse, se il destino ti ha messo su questo treno proprio adesso, è per ricordarti che ti piace davvero raccontare vite: perché pensi significhi raccontare la vita Tutta e sentire magari che così ha un po’ più senso. E sempre magari, con un pizzico di fortuna, fa anche un po’ meno paura. E allora decidi di farlo, iniziando con questo post. Per ricordarvi e ricordarsi quanto bella, sconvolgente, possa essere la vita.

Ripensi ai quattro; butti l’occhio sul libro e scruti quella dedica scritta sull’ultima pagina da un ragazzo di diciannove anni, l’italiano dell’anno:
“A Dario, un amico conosciuto su un treno”.

 

 

Link esterni:
– Optical Wheelchair:
www.opticalwheelchair.com e www.facebook.com/OpticalWheelchair/
– Vita.it: Hi-tech e low cost i progetti  vincitori di MaketoCare
http://www.vita.it/it/article/2017/11/30/hi-tech-e-low-cost-i-progetti-vincitori-di-maketocare/145304/
– Ansa.it: Italiano 2017 Mattia Strocchi con esoscheletro riabilitativo
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/12/15/italiano-2017-mattia-strocchi-con-esoscheletro-riabilitativo-_938ef2ac-8509-434e-adc4-730700fbc44b.html